Il piano di manutenzione


L’obbligo di redigere, contestualmente al progetto esecutivo, il piano di manutenzione comprensivo di manuale d’uso, manuale di manutenzione e programma, è divenuto legge per le opere pubbliche ormai da quasi trent’anni (Legge n.216 del 1995), e per tutte le altre opere dal 2008 secondo le Nuove Norme Tecniche per le Costruzioni (NTC2008).
Prima di allora si trovavano alcune indicazioni nelle “Costruzioni di acciaio. Istruzione per il calcolo, l’esecuzione, il collaudo e la manutenzione” del Consiglio Nazionale delle Ricerche del 1985 (CNR10011 al p.11.3), dove peraltro era solo indicato l’onere del committente dell’opera di incaricare un tecnico qualificato per le ispezioni entro un anno dall’entrata in esercizio della struttura. Non era prevista quindi la redazione di un piano di manutenzione da parte del progettista a completamento del progetto esecutivo. È da notare che alcuni tecnici del settore, e sicuramente tra questi l’ingegnere Giorgio Romaro, fornivano piani di manutenzione per le opere di maggior rilievo e auspicavano una tale soluzione seguendo l’esempio di altri paesi europei.
È anche vero che i progettisti di strutture metalliche sono da molto tempo consapevoli della causa prima del degrado del materiale, ovvero la corrosione, e della necessità della manutenzione per una maggiore durabilità delle strutture in acciaio. Proprio questa consapevolezza, unita alla facilità di ispezionare le strutture metalliche rispetto a quelle in c.a., si è rivelata nel tempo un elemento positivo che ha permesso una migliore conservazione dei manufatti a struttura metallica. Di fatto semplici operazioni quali la verniciatura che veniva richiesta regolarmente, garantivano un controllo dello stato dell’opera e obbligavano ad una periodica ispezione visiva che poteva portare alla luce altri difetti come ad esempio quelli nei collegamenti.

Il censimento delle opere pubbliche

Importanti per tutte le opere, ma in particolare per quelle precedenti all’obbligatorietà del Piano di Manutenzione, sono le “Linee guida per la classificazione e gestione del rischio, la valutazione della sicurezza ed il monitoraggio dei ponti esistenti” varate dal Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti e approvate il 17/12/2020 con la volontà di censire il patrimonio esistente, valutarne la Classe di Attenzione (CDA) e garantire l’omogeneità delle valutazioni e delle classificazioni.

Le linee guida sono corredate da utili schede difettologiche che per le strutture metalliche riportano tutti gli elementi di vulnerabilità tipici, dalla più nota corrosione del materiale ai difetti sulle saldature, chiodature, bullonature, alle lesioni localizzate ai nodi e alle deformazioni degli elementi, e infine ai difetti degli apparecchi d’appoggio.

È da notare però un’assenza sia nelle Linee Guida e che nei quaderni ANAS di indicazioni per la salvaguardia delle infrastrutture. Nulla si dice infatti sulle cause di degrado, e sulla tipologia di ispezioni e manutenzione delle funi metalliche e dei loro collegamenti (teste fuse, morsetti, ecc.), mentre per ovvi e tragici motivi si trovano accurate indicazioni per i controlli dei cavi post tesi nei ponti in calcestruzzo armato precompresso.

La predisposizione di un piano di manutenzione per le funi strutturali non è di fatto equiparabile a quella dei cavi post tesi e merita per tanto una trattazione a parte.

La scelta corretta del tipo di fune e le attenzioni durante le lavorazioni di officina e di montaggio, così come un progetto attento a facilitare le future ispezioni e/o sostituzioni di elementi, concorrono ad influire sulla durabilità dell’opera.

Durante il normale ciclo di vita si possono di fatto riscontrare rotture dei fili a causa di usura, piegamento (dovuto al grippaggio dei collegamenti mobili), trazione, fatica e ovviamente corrosione, e anche un rilassamento delle funi che nelle tensostrutture è particolarmente importante e insidioso poiché stato tensionale e forma sono strettamente connessi.

Nei collegamenti delle funi (teste fuse, manicotti, morsetti e redance) è ancora la corrosione a provocare i danni maggiori, in particolare negli ancoraggi inferiori. Infatti in tutti i punti in cui le irregolarità della fune permettono depositi di acqua e polveri, come negli elementi di collegamento, vi è un'accelerazione del processo di corrosione che può provocare la rottura dei fili. A parità di altre condizioni sono quindi raccomandabili controlli sulle strutture a funi più ravvicinati rispetto a quelli sulle strutture a carpenteria metallica.